La mostra
“Facendo altro” presenta, attraverso un’indagine antropologica, filosofica, psicologica e artistica, aspetti inediti o poco conosciuti di donne e uomini che conducono, o hanno condotto, pratiche artistiche parallele (talvolta convergenti) all’attività professionale ufficiale.
Un’iniziativa intergenerazionale che vede direttamente coinvolti molti professionisti, della cultura ufficiale e del mondo del lavoro, anche in veste di insospettabili artisti ever green, compreso un ultracentenario tutt’ora attivo. L’arte come necessità ineluttabile, prerogativa riconosciuta a outsider e irregolari, persone talvolta con disagi conclamati di vario genere, è invece un argomento poco esplorato rispetto a persone che conducono vite “normali e funzionanti”.
Il percorso espositivo
Al piano terra di Palazzo Barolo, negli appartamenti affrescati dal Legnanino, la sezione fotografica si apre con una visone del mondo contadino, Langhe inizio secolo, con gli scatti del postino fotografo Lorenzo Foglio e gli odierni frammenti di natura da intravvedere nelle macchine per la visione di Fiorenzo Rosso, risicoltore artista.
Il mondo delle lotte dei lavoratori anni ’70/80 è rappresentato da Raffaele Santomauro, operaio fotografo, con foto in bianco e nero e da Pietro Perotti, operaio videomaker, con sequenze video da manifestazioni.
Le immagini urbane e metafisiche di Tilde Giani Gallino mostrano il lato psicologico della fotografia, mentre la documentazione del Progetto L’arte di Fare la differenza, sul lavoro fra artisti emergenti e artisti dei centri diurni, è di Ivo Martin, impiegato pubblico nei servizi sociali e fotografo.
Nei vasti meandri delle Cantine – in un percorso che si snoda fra labirintiche architetture sotterranee e diversi media artistici – troviamo: le trasfigurazioni informatiche della fotografia di Fausto Manara, psichiatra, gli ambienti di Monica Lo Cascio, dirigente welfare, e le cianotipie di Beppe Melchiorre, counselor; una slide show con ironiche elaborazioni grafiche in 3D dello scienziato Tullio Regge; un accostamento fra differenti astrazioni pittoriche, materiche o gestuali di Piero Ferroglia, artista e commerciante, di Giovanni Mangiacapra, ex impiegato ASL o del disegnatore tecnico Teresio Polastro; i giochi di colore in movimenti creativi in analisi, Daniela Gariglio, micropsicoanalista, le composizioni concettuali di Andrea Cordero, curatore ex insegnante e quelle di riciclo giocoso di Guido Gulino, ex dirigente pubblico.
Immersive le opere dell’artista, ex psicanalista, Julien Friedler o l’installazione del giornalista gallerista Silvano Costanzo. Suggeriscono complessi percorsi, dello sguardo e della mente, sia le sculture policrome del restauratore scultore Fabrizio Roccatello sia le analisi pittoriche della forma e del colore di Francesco De Bartolomeis, emerito docente di pedagogia e pittore, e di Pino Chiezzi, ingegnere pittore.
I manifesti e fumetti politici, del ferroviere disegnatore Carlo Minoli, ci riportano a storie vere, mentre i personaggi da Mondo Babonzo: il Museo delle Creature Immaginarie – ideati da Altan e Stefano Benni con Pietro Perotti – come le marionette della tradizione slovacca di Maja Strakova, psicologa, ci trasportano in modi fantastici dove l’immaginazione vive di rispetto per l’ambiente, di curiosità e di empatia.
Figure dalle diverse sfumature simboliche sono le pitture di Saro Puma, infermiere, i disegni di Maresa Pagura, educatrice e di Giuliana Ravaschietto, insegnante, mentre le pitture del sarto Antonio Corapi mostrano gallerie di vita, di corpi, di donne, di uomini, di Santi. Giuseppe Iacopetta, barbiere artista, con le sculture in cartapesta ci parla di mani che sanno dar forma alle idee. Un doppio segno, invece, esprime la collaborazione fra Roberta Di Chiara e Claudio Lia, curatrice e pittore, agenti di polizia.
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