Fabrizio Roccatello
Fabrizio Roccatello (Crespino – Rovigo, 1947)
Vive a Rivoli in uno stretto legame con il centro della piccola cittadina, un luogo che non lascia mai, salvo rarissime occasioni. Ex restauratore ora in pensione si racconta così: “E’ da sempre che lavoro manipolando il legno, e con esso ho un rapporto di profondo rispetto. Riuscendo ad entrare in sintonia esistenziale con la sua vera essenza, il legno si lascia plasmare come materia mai morta. Scolpendolo e poi dandogli quella stuccatura, quella colorazione e quell’aspetto plastico, diventa fonte di grande piacere ed è per me terapeutico. Trovare la forma che già esiste dentro la materia è una ricerca profonda ed un cammino che viene espresso attraverso il significato delle immagini scolpite. Credo che la scultura abbia per me una valenza magica, la funzione dell’artista scultore non è dell’aggiungere, ma del togliere, per arrivare poi dove la forma ti conduce”.
Opere esposte
Sedia pieghevole e trasportabile per sedute terapeutiche, 2017, legno intagliato, stuccato e dipinto a mano, 250 (circa) chiodi del ‘600, specchio. Due elementi: panchetta 15x313x13 cm; seduta 100x52x67 cm
Incontro tra pensiero magico e pensiero binario, 2016, legno intagliato, stuccato e dipinto a mano, opera interattiva con meccanismo manuale, 214x56x27 cm
Guarda che so, 2015, legno intagliato, stuccato e dipinto a mano, con visore, testa e mezzo busto di bambola vintage e luce interna, 1130x50x50
Presente in prestito dal futuro, 2014, legno intagliato, stuccato e dipinto a mano, 155x45x35 cm
Apriti cielo, 2018, legno intagliato, stuccato e dipinto a mano, opera interattiva con meccanismo manuale, chiavi antiche, 100x35x25 cm
Le opere, che a prima vista paiono giocose, ad un secondo sguardo svelano e trasmettono le inquietudini che abitano l’artista. Sono sculture fortemente policrome, levigate con maestria, che invitano a pensare e si offrono all’interazione sia mediante dispositivi meccanici – che condizionano, intenzionalmente, la postura di chi agisce – sia attraverso messaggi provocatori fatti di chiodi acuminati, di sguardi indagatori, restituiti da bambole e bambolotti amputati, a denuncia delle privazioni imposte dalle attuali generazioni a quelle del futuro.