Giuseppe Iacopetta
Giuseppe Iacopetta (Gioiosa Ionica-Reggio Calabria, 1943)
Nel 1965 si trasferisce a Torino dove avvia l’attività di parrucchiere da uomo e, grazie alla quale, conosce alcuni artisti torinesi che lo introducono all’arte e in seguito lo incoraggiano a proseguire la sua attività parallela di scultore autodidatta di “teste”.
Sì perché come dice lui, “ho fatto le facce per via del mestiere… ho fatto l’Accademia senza studiare”. “Io una scultura la vedo subito come un’idea, in testa. L’intuito mi suggerisce il profilo. Allora ho l’esigenza di bloccarla nella materia, le mani fanno tutto loro. Sono loro che hanno frequentato la scuola, a forza di fare barbe e capelli”.
Verso metà degli anni ’70, dopo la guarigione da una lunga malattia ed emozionato dalla visita di uno studio d’artista, si dedica all’arte realizzando una serie di testine con la creta, poi negli anni ’80 passa alla cartapesta: fogli di giornale e volantini pubblicitari, un materiale che non richiede cottura, facilmente reperibile, malleabile e talvolta colorato.
I ricordi d’infanzia, i giochi, i riti, le processioni e le bande musicali, come le origini artigiane della famiglia: il padre calzolaio e la madre sarta (di costumi tradizionali) si ritrovano come segni presenti nel lavoro sotto forma di cuciture, di colori, di ritmi o negli attrezzi domestici o da barbiere, che da lui riadattati, gli consentono gestualità mai dimenticate e che vuole rivivere come.
Espone in Italia e all’estero, è seguito dalla galleria Rizomi Arte di Parma che lo ha presentato all’Outsider Art Fair di Parigi 2016, 2017, 2018 oltre che nella mostra In/carta/mi del 2018, è stato esposto a New York dalla giapponese Yukiko Koide Presents nel 2018 all’Outsider Art Fair di New York.
Catalogo: https://issuu.com/rizomi/docs/iacopetta.compressed
Hanno scritto di lui, fra gli altri Francesco Tabusso e Francesco Poli.
Opere esposte
Teste, 2006 – 2008, cartapesta, legno e materiali vari, 21 elementi di diverse dimensioni,
Per lui la dimensione emotiva e affettiva è sia motore sia criterio di scelta “Per me un’opera quando è finita deve farmi battere il cuore, altrimenti c’è qualcosa che non va”. Anche la vista del suo studio ingombro di sculture di diverse dimensioni, organizzate accuratamente per tipologia, è un’emozione forte, e l’occhio si perde nel cercare di orientarsi fra le centinaia di teste, di piccoli corpi, oppure fra i quadri astratti e i volti dipinti. In questa moltitudine di figure quasi ieratiche emergono, qua e là, anche dei cavalli.